Breve anche fu la dimora, che fe in Palermo il priore di Navarra; imperocchè nell’entrare l’anno 1657 ai 22 di gennaro partì colla corte per Messina; ma appena arrivato ai capi di Buongerbino, e Zaffarana, surse un violentissimo scirocco, che l’obbligò a ritornare alla capitale, da cui poi non tornò a partire, che ai 30 dello stesso mese.
      L’Auria (1659), ricercando per qual mai ragione il priore di Navarra abbia così presto abbandonata la città di Palermo, e sia andato a Messina, ne rifonde tutta la colpa su i Messinesi, e su due ministri nati in quella città; dei quali racconta, che sotto varî pretesti abbiano insinuato al medesimo, ch’era necessaria in Messina la presenza del governo, così per riparare alla carestia, che vi si provava, stando chiuso il commercio colla Calabria; come per sedare i disturbi nativi per conto dello stratigoto, contro di cui era la plebe irritata. Soggiunge, che il Redin volle consultarne la giunta dei presidenti, e consultore, e il giudice della monarchia, i quali furono di differente avviso, facendo rilevare, che coll’arrivo della corte viceregia la carestia, lungi da diminuire, sarebbe cresciuta per le molte persone, che doveano seguirla, e per cui non potea cessare la fame, senza riaprirsi la comunicazione colla Calabria: mezzo pericoloso, che metterebbe il regno al rischio di introdurvisi la peste. Soggiunsero di poi, che per l’odio, che si era concitato lo stratigoto, vi sarebbono stati tanti altri modi da estinguerlo. Rapporta indi questo scrittore, che nulla ostanti questi consigli vinsero i Messinesi, e trassero il luogotenente coi ministri alla loro patria.