Era il conte di Ayala di un umore severo, e portato a serbare l’etichette spagnuole. Appena arrivato introdusse nel ceto de’ ministri una novità. Soleano questi nelle funzioni, assistendo il vicerè, o andando alla di lui udienza in palagio, portare oltre la toga, anche la cappa e il cappello, come oggi la portano. Egli adunque volendo introdurre i costumi di Spagna, comandò, che in dette circostanze tutti i ministri togati dovessero andare senza cappa, e colla sola toga, e invece del cappello portare la berretta dottorale, che gli spagnuoli chiamano gorra. Ciò fu la prima volta eseguito nella solenne cavalcata, che abbiamo mentovata, e fu oggetto di riso a’ circostanti (1682).
Questa precisa, e minuta osservanza delle spagnuole costumanze, ch’egli esigea da’ ministri, e l’alterigia, con cui trattava ogni ceto di persone, furono la sorgente de’ molti disturbi, da cui fu agitato il di lui governo. I primi dissapori nacquero fra lui, e l’arcivescovo Pietro Martinez Rubeo. Questi, essendo stato presidente del regno, e guardando con gelosìa, com’è naturale, che altri comandasse dopo di lui, non frequentava punto il [376] palagio reale, standosene in contegno: e all’incontro l’altiero conte d’Ayala avrebbe preteso, che anche questi piegasse il ginocchio. Non volendo dunque il prelato, ch’era del pari orgoglioso, cedere, cercava il vicerè ogni occasione di rintuzzare la superbia del suo emolo, per cui vennero ad una aperta rottura. Fu dapprima carcerato il vicario generale di esso prelato, solo perchè avea minacciato di far carcerare un cappellano del giudice della monarchìa, che non era andato alla processione del Corpus, e con esso furono anche poste in ceppi altre persone della corte di monsignore.
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