Celebrato il parlamento dovette il vicerè secondo gli ordini ricevuti dalla corte abbandonare Messina, e ritornare in Palermo; lo che eseguì nel seguente anno 1665 (1705). Durante questo anno nulla di singolare accadde mentre reggeva il Sermoneta, e sotto Filippo IV. Gli occhi di tutti erano rivolti alla lite fra i Palermitani, e i Messinesi, i quali udendo che i loro affari non andavano prosperamente a Madrid, vi spedirono due loro concittadini Filippo Cicala, e Silvestro Fenga, seppure non vi furono mandati prima, come scrisse il Longo (1706). Furono presentate al supremo consiglio d’Italia le ragioni dell’una, e dell’altra città, e si pubblicarono ancora colle stampe. Il consiglio decise; e si aspettava che il monarca si determinasse a risolvere ciò, che volesse osservato; ma l’affare andò così a lungo, che morì il re, prima che uscisse dalla di lui bocca il supremo oracolo; inguisachè gl’inviati della deputazione, e della città di Messina ristucchi di una così grande dimora se ne ritornarono senza nulla ottenere (1707). Per la sospenzione però del privilegio, e della prammatica restarono vincitrici la deputazione del regno, e le altre città di Sicilia, essendo le cose rimaste nello stato di prima.
Filippo IV oppresso da continovi dispiaceri, che soffrì durante l’infelice suo governo, e da frequenti infermità, ai 17 di settembre di quest’anno compì la sua carriera all’età di anni sessantuno, e pochi mesi. Ne pervenne l’avviso in Palermo al duca di Sermoneta nel dì 5 del seguente novembre, il quale nello stesso giorno fe promulgare la notizia della perdita che si era fatta del sovrano, [382] e insieme quella del successore, cioè di Carlo II, che non avea ancor compiti i quattro anni.
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