Non furono richiesti, comunque le circostanze li avessero dimandati, sovvenimenti straordinarî dalla corte; ma la regina governatrice restò contenta, che si prorogassero i donativi ordinarî, come fu fatto a’ 9 del seguente febbrajo, in cui i parlamentarî rispondendo alla richiesta fatta dal duca di Alburquerque, oltre i soliti trecento mila fiorini, si obbligarono a pagare per altri tre anni i donativi per le fortificazioni, per i ponti, per i palagi regî, per le torri, e per i ministri del consiglio d’Italia, che abbiamo altre volte additati. Non lasciarono nulladimeno di dichiarare a S.E. ch’eglino oltre a questi avrebbono bramato di mostrare con un sussidio straordinario il loro giubilo per la esaltazione del nuovo principe, e si scusarono dal farlo per la calamità de’ tempi. In questo parlamento, in cui il vicerè, e gli uffiziali regî furono al solito regalati, dimandate furono alcune grazie, che il vicerè s’incaricò di ricercare da S.M. (1722).
Fu il seguente anno 1669 funesto a’ Catanesi. Agli 8 di marzo l’altiero Mongibello cominciò a vomitare fiamme così terribili, che non v’era memoria d’uno incendio così fiero, e dannoso a tutta quella città, e ai suoi contorni. Può leggersene la storia descritta dal celebre Alfonso Borello (1723), ch’è la più esatta, e veridica. Il duca di Alburquerque da che udì questo disastro, e i mali, che le fiamme arrecavano, le quali aveano seppellito perfino alla metà i cinque baluardi, e le fortificazioni del castello Orsino, pensò a sollevare gli afflitti cittadini, che paventavano di essere inghiottiti dalle fiamme; e non solamente accordò a quel senato, che prendesse tutto quel denaro, che potesse bisognargli, per occorrere a’ pressanti bisogni di quegli abitanti, ma destinò come suo vicario generale l’illustre cavaliere Stefano Reggio principe di Campofranco, che abbiamo altre volte nominato con onore, acciò ovviasse a’ mali, da’ quali i Catanesi erano minacciati.
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