La plebe odia naturalmente la nobiltà, e il ceto anche civile non soffre molto volentieri l’alterigia della medesima. Gli fu perciò agevole, s’è vero quanto questi scrittori raccontano, il disgustare gli uni contro gli altri, e quindi ne nacquero le famose fazioni, l’una del popolo detta de’ Merli, de’ quali si fe capo lo strategoto istesso, e l’altra de’ Malvizzi, ch’era composta da’ nobili, e da’ più ragguardevoli cittadini, che divennero gelosi del favore, che l’Oyo accordava all’infima gente (1746).
      L’Auria all’incontro non molto amico dei Messinesi (1747) ci descrive questo spagnuolo, come l’uomo il più giusto, e il più probo, che per le sue virtù si era attirato l’amore del popolo messinese, e non cercava che il sollievo di quei cittadini. Fra questi opposti sentimenti nel caratterizzare questo ministro, noi temiamo che così questo, come quelli abbiano toccato gli estremi, e che l’Oyo sebbene non sia stato così versipelle, come vien dipinto da’ Messinesi, non era nondimeno scevro dalle passioni, come l’Auria vuol far capirci che fosse, e unicamente intento a procurare la felicità di Messina. L’essere stata la di lui condotta disapprovata dal vicerè, come or ora saremo per dire, abbastanza addimostra ch’ei non fu senza difetti.
      Notificò lo strategoto con un corriere straordinario questa prima mozione al principe di Lignè, e come egli avea quietato il tumulto. Ma non passò molto che scoppionne un altro più fiero, e funesto. Pretesero i plebei di scoprire che i senatori in quell’anno carestoso aveano venduto, e continuavano a vendere il grano procurato per la sussistenza de’ cittadini alle terre convicine, e a prezzi esorbitantissimi; e che ve lo mandavano fraudolentemente in certe botti, fingendo che fossero piene di vino.