Mentre questo saggio governante cercava ora colle buone maniere, ora col ferro di sanare le piaghe di Messina, e di fermare il corso alle tumultuazioni, entrando l’anno 1673 ricevette il tristo avviso, che nella città di Trapani il popolo minuto, e gli artisti si erano sollevati. Fin dall’anno antecedente erano nati dei movimenti nella plebaglia. Si era in quella città, come per tutto il regno, sofferta l’anno 1672 una gran penuria di viveri, e siccome ne erano al solito incolpati i senatori, quasichè non avessero saputo provvedere a tempo ai bisogni degli abitanti, i popolari presero a suo carico la compra dei grani per l’anno di appresso. Questa risoluzione ferì i senatori, e per conseguenza gli altri nobili ancora, che si vedevano privi di un diritto, che aveano sempre avuto; i quali si opposero alla detta determinazione, e rappresentarono il popolo come sedizioso, che volea privare i ministri regî, che erano i naturali provveditori dell’annona destinati dal monarca, di codesto privilegio. Il vicerè ai primi rumori destinò come suo delegato in quella città Francesco Martinelli, acciocchè esaminasse la passata condotta dei senatori, e mettesse freno alle violenze del popolo; ed avea ancora incaricato monsignor Cicala vescovo di Mazara, affinchè con dolce maniera mettesse a Trapani la pace. Inutili però furono gli sforzi di ambidue; persistevano i popolari a volere operare indipendentemente dal senato, e dai nobili; e quanto maggiori erano le opposizioni di costoro, tanto più crescea la loro pertinacia.
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