Conquisi i Merli, parte de’ quali ebbe la sorte di scappare, e di ridursi al Campo Regio (1767), cominciarono i castelli della città a bersagliare quelli del re, da’ quali erano del pari battuti, e si continuò l’assedio del palagio reale, dove lo strategoto si difendea con coraggio, e non lasciava di molestare la città colla sua artiglieria. Ma la fame tormentava questo ministro, e i suoi aderenti, non trovando modo di far entrare de’ viveri per satollarsi. Vedendosi adunque alla vigilia di essere forzato a rendersi, o di morire, prese lo espediente di capitolare; ed ebbe il piacere di ottenere dagli aggressori di poter sortire liberamente, e cogli onori militari, e il bagaglio di tutta la sua gente, purchè cedesse la lanterna del porto, che vien chiamata la Torre del Faro, che fu tosto occupata dai rubelli, i quali scalando di notte anche il Castellaccio, se ne resero padroni (1768). Non si pativa meno la carestìa nella città, e sebbene arrivassero furtivamente de’ viveri da varie parti, questi nondimeno si pagavano a carissimo prezzo. Il senato, che invigilava all’annona, era senza denari, e perciò prese lo espediente di far fondere gli argenti delle chiese, e con questa moneta supplì ai bisogni.
Si erano inutilmente cooperati il gran maestro di Malta, e il marchese di Astorga vicerè di Napoli per impedire i progressi di questa funesta guerra. Così i Messinesi, che il marchese di Bajona mostravano di dare orecchio a’ progetti; ma nè gli uni, nè l’altro aveano una sincera voglia di pacificarsi; e solo mostravano di dar luogo alle mediazioni, per mettersi intanto in istato di far la guerra con profitto.
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