L’arrivo di questo prode comandante siccome rese l’animo agli avviliti, e stracchi Francesi, così spaventò gli Spagnuoli: l’azione cambiò di aspetto; i già vincitori Spagnuoli [400] furono battuti; due dei loro vascelli si sommersero, e un terzo di essi venne in potere dei Francesi. Le altre navi si dispersero, quelle di linea si ritirarono in Calabria, le galee in Palermo, e tutte ebbero bisogno di risarcirsi (1778). Quest’azione accadde ai 9 di febbraio.
Il Vivonne, che fu ricevuto come un Dio tutelare, sbarcati i viveri, li fe dispensare con maggiore moderazione; ma già il porto era libero, nè vi era più pericolo di soffrire la carestia. Si occupò adunque ad allontanare dalla città gli Spagnuoli, e vi riuscì. Allora fu fatto l’atto solenne, per cui i vecchi senatori giurarono fedeltà al re Ludovico XIV, e il Vivonne fu riconosciuto vicerè nella città di Messina, e negli altri luoghi dell’isola di Sicilia, nei quali i popoli si avreanno scaricato del giogo spagnuolo. Fu fatta questa funzione ai 22 di aprile, precedendo il divin sacrificio, e il canto dell’inno ambrosiano, in cui egli, come vicerè, giurò a nome del suo re sulla croce la conservazione dei capitoli, privilegi, immunità, libertà, usi, e consuetudini di Messina, che godea nel Distretto e Costretto, cioè in tutti i luoghi, in cui esercitava quella città giurisdizione. Fu poi nel seguente mese fatta una solenne cavalcata, e fu dato il possesso ai nuovi senatori eletti col suffragio del popolo (1779).
Giacchè la fortuna mostrava di secondare le armi francesi, pensò il duca di Vivonne di profittare delle favorevoli circostanze per dare l’ultimo, e diffinitivo colpo alla monarchia spagnuola in Sicilia, e senza palesare il suo piano a persona, salvo che al solo marchese di Valevoir, dispose ogni cosa per mare e per terra per assalire il campo a Milazzo.
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