Mancata la speranza di riacquistare la città, e il castello di Agosta, il marchese di Villafranca riprese il progetto di levare Messina dalle mani de’ Francesi, e cresciuto il suo esercito con nuove soldatesche, cominciò a stringer quella città dalla parte della Scaletta; e marciando per la strada volgarmente detta del Dromo pose a ferro, e a fuoco tutte le abitazioni, e le terre, che nelle antecedenti scorrerìe erano scampate al furore delle sue armi. I Francesi sotto il comando del marchese di Valevoir gli andarono all’incontro, e si posero in aguato per tagliare a pezzi la cavallerìa spagnuola, tostochè si avvicinava al luogo delle tese insidie. Sarebbe riuscito questo disegno, se i Messinesi tediati della disciplina militare non fossero corsi in truppa contro lo esercito regio alla distanza di cinque miglia. Indarno il Valevoir gridava, che stessero nelle linee, altrimente sarebbero andati sicuramente al [404] macello. Eglino s’inoltrarono, e pagarono il fio della loro temerità, avendoli la cavallerìa tratti in un luogo, in cui vi restarono o uccisi, o prigionieri, e a stento la fanterìa francese, facendo fuoco contro i cavalieri spagnuoli, ne salvò pochi (1789).
      Fu compensata questa disgrazia de’ Messinesi dal gran piacere di vedere rinforzata la flotta con venticinque galee, che nel mese di maggio giunsero dalla Francia. Ritrovatosi allora il Vivonne superiore alla flotta combinata, si determinò a disfarla. Senza palesare a persona il suo disegno, per cogliere gli Olandesi all’improviso, partì egli a’ 28 di maggio, e s’avviò verso Palermo.