Dispose egli in forma di mezza luna l’armata combinata, che consistea in ventitrè vascelli di linea, in quattro brulotti, e in diecinove galee; inguisachè il primo corno cominciasse dalla lanterna del Molo, e l’altro terminasse a pochi passi dal fiume Oreto: spazio, che occupava presso ad un miglio. Ognun vede, comunque sia ignorante nell’arte militare, come questo trincieramento prescritto dal sig. Haen fosse stravagante, e privasse l’armata della metà della forza; imperocchè potea offendere il nemico da un fianco solo, mentre l’altro fianco, che guardava la città, dovea restare necessariamente ozioso. Peggiore sarebbe stata la posizione della flotta, quando fosse vero ciò, che scrisse l’Auria (1790), ch’egli abbia voluto, che una nave stesse allacciata coll’altra a guisa di cordone; perchè così le navi non sarebbono restate libere a muoversi, nè avrebbono potuto, data la prima fiancata, rivolgersi, per scaricare co’ cannoni l’altro lato contro i Francesi.
Disposto così in fretta l’ideato cordone coll’ajuto delle galee, che rimurchiavano i grossi vascelli, al primo di giugno comparve alle viste di Palermo la squadra nemica. Il duca di Vivonne spedì due galee verso l’Acqua de’ Corsari, così per iscandagliare il mare, come per osservare la posizione dell’armata olando-ispana, e per assicurarsi, s’era vero che i bastioni della città fossero sguarniti di artiglierìa. Furono le due triremi obbligate a ritirarsi dalla reale di Spagna, e da uno de’ vascelli olandesi, che tirarono molte palle contro di esse; ma aveano già fatte le osservazioni, per le quali erano state spedite.
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