Trovò egli lo stato militare della Sicilia nell’ultima rovina, e in parte anche il politico. Dominavano i Francesi nei nostri mari, destrutta già col rammentato incendio la flotta olandese, e la spagnuola; e questo assoluto potere dei nemici impediva lo esterno commercio cotanto necessario, per bilanciare almeno i bisogni della nazione. Ma quel che crucciava questo nuovo vicerè era appunto la mancanza del denaro, trovandosi affatto esausto l’erario regio, nè potendosi impinguare con nuove contribuzioni, senza mettersi a risico, che il resto della isola, per isfuggirne il peso, non si buttasse dalla parte dei Francesi, e non riconoscesse il re Cristianissimo per suo sovrano. Agitato da queste angustie il marchese di Castel Roderico si determinò a starsene sulle difese, guardandosi dal tentare alcuna novità; e intanto scrisse efficaci lettere a Madrid, le quali rappresentarono lo stato, in cui erano gli affari in Sicilia, e ricercarono truppe, denari, e quel che importava più di ogni altra cosa, una flotta capace di opporsi all’armata francese, il che era necessario, quando volesse quella corte mantenersi il dominio della isola.
Le stesse dimande fatte avea il duca di Vivonne al ministero di Francia; non già per timore di perdere quanto avea guadagnato, ma per inoltrarsi nel regno, e compierne la intera conquista. Ottenne in fatti nel mese di agosto una poderosa oste di trenta vascelli di linea con otto brulotti, che oltre del denaro, recò a Messina viveri, ed attrezzi di guerra in quantità, e molte truppe così di fanteria, che di cavallerìa. Ricevuto questo rinforzo trasse egli le vecchie truppe dai castelli, che fe guernire dalle nuove; e aggiungendovi la legione dei Messinesi, s’imbarcò sulla flotta nel fine di settembre; e veleggiò verso Agosta, dove si fermò, come in un luogo, da cui era più a portata di fare le meditate conquiste.
| |
Sicilia Francesi Francesi Cristianissimo Castel Roderico Madrid Sicilia Vivonne Francia Messina Messinesi Agosta
|