Conquistata la città, il marchese di Villadieu, che comandava in quella spedizione, pose l’assedio al castello della Mola, posto interessantissimo. Si accorse allora il vicerè del pericolo, e vi spedì le compagnie Tedesche, che avea chiamate a Catania per sostenerlo; ma fu tardo il rimedio, i Francesi andarono loro all’incontro, li attaccarono, ed essendo in assai maggior numero, in parte li uccisero, e in parte li costrinsero a salvarsi colla fuga; dopo la quale zuffa nel giorno seguente cadde quel castello (1797).
La perdita di Taormina, e del castello della Mola rincrebbe estremamente al marchese di Castel Roderico, il quale non volendo accagionarne la sua ostinazione nello avere negati i richiesti soccorsi al conte di Prades, ne incolpò questo cavaliere, e lo accusò alla corte come rubello: e per dar peso alla sua rappresentanza, fe carcerare molti dei congionti del conte, il che irritò contro questo governante la nobiltà siciliana. Il Ventimiglia ebbe poi modo di appalesare la sua innocenza alla corte di Madrid, da cui ne fu premiato (1798). Dopo questi piccoli fatti terminò la campagna dell’anno 1676, la quale, se fu funesta agli Spagnuoli, non fu certamente gloriosa ai Francesi, che con così poderoso esercito, e con una così grande squadra marittima, assoluti padroni del mare, avrebbono dovuto conquistare altro, che il piccolo castello di Melilli, o l’indifesa città di Taormina, e doveano certamente rendersi signori [408] di tutta l’isola. Ritornati i Francesi ai quartieri d’inverno, il marchese di Castel Roderico volle ritornare in Palermo, dove avea lasciata la viceregina sua moglie, e raccomandata la città di Catania ad Ignazio Migliaccio principe di Baucina, ed eletto suo vicario generale nella valle di Noto Diego Bragamonte, sull’entrare dell’anno 1677 partì da quella città, e a’ cinque di gennaro arrivò alla capitale (1799).
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