Date queste disposizioni cominciò a [409] prepararsi a marciare verso il campo a Catania. Ma prima di partire nel primo di aprile di esso anno si ammalò di grave malattìa, che in capo a pochi giorni il trasse a morte nella fresca età di anni trentacinque. Morì egli nel giorno 16 di esso mese, lasciando desolata, ed afflitta la marchesa sua moglie; ma non già scorucciati i Siciliani, e particolarmente i nobili, che non erano stati punto contenti dell’alterigia, e dell’asprezza, con cui erano trattati. Varie cagioni di questa immatura morte vengono additate dagli scrittori. Evvi chi vuole ch’ei fosse caduto in una profonda melanconìa dietro alla disgrazia del suo amico Valenzuola, e l’esaltazione del serenissimo Giovanni d’Austria; piace ad altri, che fosse rimasto crucciato dallo udire destinato al comando delle armi in Sicilia il duca di Bornaville, quasi che egli, che si tenea per valoroso e sperimentato capitano, non fosse dal detto serenissimo principe riputato capace a sostenere questa guerra. La fama ancora, che per lo più suol essere menzogniera, addita altre occulte cagioni, ch’è bene di lasciare sotto il velo della decenza.
Prima di morire determinò, che il governo politico restasse nelle mani della viceregina la marchesa Eleonora di Mora, e che il militare, giacchè il Bornaville non era ancora arrivato, si amministrasse dal maestro di campo Francesco Gattinara marchese di s. Martino Pavese. Il dispaccio viceregio è dato in Palermo lo stesso giorno della di lui morte (1806). Morto che fu, fu presentato al sacro consiglio il viglietto viceregio a favore della moglie dal protonotaro Ugo Papè. I ministri lo approvarono, e la viceregina fece il solito giuramento (1807). Ma nel tempo istesso il consultore Sancio Lossada manifestò una lettera reale diretta al medesimo consiglio, ch’ei avea ordine di presentargli in caso di morte del vicerè. Apertasi, vi si trovò che il re comandava, che se mai morisse il vicerè, si dissigillasse il plico, che il detto consultore, e Pietro Guerriero avrebbono esibito, in cui stavano tre dispacci reali, coi quali erano nominati tre soggetti, che doveano subentrare l’uno dietro l’altro successivamente, se quello, ch’era nominato, o fosse molto lontano, o non più vivesse (1808).
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