Assalirono questi la guarnigione sonnacchiosa, la quale si rese, salva la vita, e la libertà. Non fu allora presa la città; imperocchè avvisato in tempo il Vivonne vi spedì in soccorso tre mila uomini, ma il castello rimase in potere dei nostri.
La perdita della Mola, e la diminuzione dello esercito indussero il duca di Vivonne a fare vive istanze per ottenere nuovi soccorsi; ma il re Cristianissimo avea altro in capo, nè trovavasi più disposto ad erogare immense somme, per sostenere i Messinesi. Era forse poco contento di quel, che avea fatto questo comandante, ch’era assai poco a misura degli ajuti, che gli erano arrivati. Mostrò il suo animo anche agli ambasciadori, che il senato di Messina avea spediti a Parigi per dolersi della condotta del duca di Vivonne, e per cercare che si mandasse altri al comando con nuove truppe: il fatto in breve addimostrò, che la ragion di stato avea cambiato di aspetto, nè più si pensava a’ primi disegni, che Luigi XIV avea avuto per la Sicilia.
Intanto il cardinal Portocarrero, che per una interinaria provvidenza era stato destinato al governo di Sicilia, fu dal re richiamato, e promosso all’arcivescovado di Toledo. Fino da’ 28 di novembre 1677 avea il re eletto il nuovo vicerè; ma questi non venne in Sicilia, che nel seguente anno, e perciò il cardinale continuò a dimorarvi, sino che questi vi si recasse; e intanto ei, giusta il breve ottenuto da Roma da Innocenzo XI, si fe consegrare arcivescovo a’ 16 di gennajo 1678 nella sagrestìa della chiesa di s. Antonio di Padova de’ padri Minori Osservanti privatamente, e a porte chiuse.
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