Le stesse promesse fe il duca di Bornaville, che menando seco lo esercito da Milazzo arrivò poco dopo, e prese possesso a nome del re della città, e delle fortezze.
Furono immediate spediti in Palermo dei corrieri al principe Gonzaga, il quale lieto de’ felici successi delle armi austriache dopo il suo arrivo in Sicilia, fe cantare nella cattedrale l’inno ambrosiano, per ringraziare l’Altissimo; e subito si affrettò a partire per Messina, dove pervenne colle galee a’ 25 dello stesso mese di marzo. Il primo passo, che diede questo saggio viceregnante, fu appunto il promulgare nel giorno seguente un generale indulto, per cui si perdonava a tutti i Messinesi, trattine i soli contumaci. Di poi, siccome la città era senza regolatori, creò il nuovo senato, che invigilasse all’economica amministrazione; ed affinchè si diseccassero le radici della ribellione, vietò sotto severissime pene, che si potesse più parlare di quanto era antecedentemente in Messina accaduto. Fu anche saggia provvidenza di questo governante quella, con cui comandò che si portassero alla zecca tutte le monete, nelle quali fossero le insegne, e il nome di Luigi XIV, e che in vece di esse se ne coniassero delle nuove colle armi, e il nome del re Cattolico. Questa fu l’ultima volta, in cui furono battute monete in Messina, giacchè di poi, come diremo, fu questa città privata di questo privilegio (1825).
Dubitavasi a Madrid, dove erano arrivate le notizie della partenza de’ Francesi, e della resa di Messina, che il buon Gonzaga avrebbe trattati i Messinesi con troppa dolcezza; e perciò il re spedì in Messina Roderico di Quintana gran politico, ma alquanto austero, il quale lo servisse da consultore.
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