Costui dovette sempre contrastare colla naturale piacevolezza del vicerè; e vedendo inutili i suoi consigli per indurlo a prender vendetta di quei cittadini, per non lasciare con esecrando esempio impunito un così gran delitto, prese l’espediente di scrivere alla corte, acciò i suoi suggerimenti restassero appoggiati dagli ordini reali. Ciò nonostante il Gonzaga, che non avea cuore di far male a veruno, ne andava procrastinando la esecuzione, e differì sino a’ 4 di ottobre la promulgazione del bando, con cui si comandava, che fossero rivelati, e confiscati a nome del re i beni de’ fuggitivi Messinesi. Del rimanente questo pietoso cavaliere compassionava la infelice città, e cercava ogni mezzo, per cui ritornasse in essa il commercio già estinto per lo spazio di quattro anni, procurando in questo modo con saggio consiglio, che il regio erario, e le fortune de’ rimasti cittadini s’impinguassero.
Fremea di rabbia il consultore Quintana all’osservare la dolcezza del Gonzaga, che indugiava ad eseguire gli ordini della corte contro i Messinesi, e cercava di far risorgere la loro città; e perciò scrisse a Madrid, ch’era necessario un vicerè attivo, e risoluto; imperocchè, se si lasciava impunito il delitto de’ Messinesi, si sarebbe così dato adito agli altri di sollevarsi. Furono tali le di lui rappresentanze, e con tali vivi colori ei dipinse la soverchia bontà di questo cavaliere, che finalmente il re Cattolico s’indusse a richiamarlo; dandogli l’orrevole carica di maggiordomo maggiore della casa reale, e quella di consigliere di stato.
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