Il conte di Santo Stefano ne restò così soddisfatto, che volle da sè premiare i due cavalieri vincitori; ed ordinò che nel piano di s. Oliva si fabbricasse un fermo arringo di pietra, dove la gioventù palermitana si esercitasse nei torneamenti, e nelle giostre (1838).
Fra queste letizie nacque uno incidente di poco momento in verità, ma che produsse di poi una scissura fra il sacerdozio, e lo impero, che non potè di leggieri ripararsi. Costumasi in Sicilia di promulgarsi la bolla della Crociata con una solenne processione, a cui intervengono il clero secolare, e gli ordini regolari nella domenica della settuagesima. I padri Domenicani del convento di s. Cita soleano andarvi in compagnia de’ loro confrati di s. Domenico sotto la stessa croce. Ora in quest’anno vollero andar soli colla propria croce, e pretesero di occupare il luogo sopra gli altri regolari, come l’occupavano quando stavano uniti co’ frati dell’antico convento di s. Domenico. Questa precedenza fu loro contrastata dagli altri frati, i quali, essendo stato il convento di s. Cita fondato dopo il loro, non voleano punto cedere il luogo; e siccome persisteano quelli ostinatamente a volerlo ceduto, questi per non attaccare più briga, se ne partirono, nè intervennero alla processione. Questa baja di niun momento divenne una causa di stato. I Domenicani di s. Cita vi fecero entrare in ballo l’arcivescovo Mr. Giacomo Palafox, cui fecero capire, che, come commissario generale della Crociata, dovesse gastigare quei regolari, che si erano sottratti dall’obbligo di intervenire alla processione, e lo indussero a mettere lo interdetto alle loro chiese.
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