Si trattenne alcuni altri mesi in Palermo il conte di Santo Stefano, e sempre attivo [420] procurò a questa capitale, e al regno molti vantaggi. Privata la città di Messina del diritto di monetare, fu questo accordato a Palermo, e per darvisi principio fu allora fabbricata una officina presso il piano della Pannerìa (1848). Per assicurare il porto di essa città dalle invasioni de’ nemici, ordinò che il forte della lanterna stesse guarnito di artiglierìe, che stando a fior d’acqua impedissero ogni approccio (1849). Abbellì ancora la galleria del regio palagio, facendovi dipingere da illustre pennello nella volta l’arrivo, e la coronazione del re Pietro d’Aragona: vi fe anche aggiungere le carte geografiche delle due isole di Sicilia, e di Malta, e le medaglie relative alle medesime, e alle più cospicue città del nostro regno. Finalmente volle che vi si apponessero i ritratti cavati dagli originali di tutti i vicerè, che ci governarono, cominciando dall’anno 1488, in cui fu eletto Ferdinando de Acugna. Questo abbellimento fatto alla galleria del palagio fu la causa, per cui Vincenzo Auria d’ordine dello stesso conte di Santo Stefano scrisse la sua cronologia de’ signori vicerè di Sicilia, come egli stesso racconta (1850).
Per conto poi del regno tutto accrebbe le galee di Sicilia, riducendole da cinque che erano, al numero di sei, e stabilendo che andassero ogni anno in corso per tenere liberi i nostri mari da’ corsali. E perchè oltre di questi ladri di mare eranvi in Sicilia di coloro, che la infestavano in terra, collocandosi in certi pericolosi passi, e spogliando, e talvolta uccidendo i viandanti, si applicò con premura ad estirpare cotali nemici della umanità. Il sito più periglioso allora era la così detta Portella di s. Anna, non lungi che otto miglia dalla capitale, ch’era come un vallone scosceso collocato fra balzi di due montagne, per cui doveano necessariamente passare coloro che viaggiavano verso la valle di Mazzara.
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