Avea egli affrettato il suo ritorno, perchè aspettava a momenti il suo primogenito, il marchese di Solera, che conducea seco la sposa, con cui si era recentemente accasato, figliuola del duca di Medinaceli, cavaliere illustre per nascita, e per la confidenza che godea nell’animo del re Carlo II. Avea egli spedite due galee di Sicilia, per accompagnare questa avventurata coppia, le quali erano felicemente arrivate in Trapani. Lusingossi il conte di Santo Stefano, che i nobili sposi non avrebbono punto tardato a [421] comparire ne’ mari di Palermo; e desideroso di abbracciare il figliuolo, e di conoscere la sua nuora, s’imbarcò sulla capitana delle nostre galee per incontrarli: giunse sino all’isola delle Femmine, e veleggiò più in là sino alla distanza di ventimiglia da Palermo; ma non comparendo le aspettate galee, e stando già per tramontare il sole, ritornò in porto crucciatissimo; non sapendo qual mai potesse essere stata la cagione di questo ritardamento.
Arrivato in città seppe la causa, per cui i nobili sposi non erano venuti. I deputati della sanità di Trapani aveano ricusato di dar loro pratica per sospetto d’infezione. Ritrovavansi in quel porto due vascelli genovesi, i capitani de’ quali aveano riferito, che molte città della Spagna erano attaccate dalla pestilenza. Questo rapporto pose in allarme i cavalieri destinati alla sanità, i quali, per salvare il regno da ogni pericolo, richiesero che il marchese di Solera attestasse in iscritto, che il luogo, da cui era partito, venendo da Spagna, era libero dal contagio.
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