Non si mosse l’afflitto, e dolente vicerè da Palermo fino al mese di marzo dell’anno seguente 1686, nel quale non essendo ancor compiuta la cittadella in Messina, volle andarvi per osservare questa grande opera, che riputava a ragione come sua, e per farla interamente perfezionare. Vi si trattenne nondimeno pochi giorni; giacchè nel seguente mese di aprile fu di ritorno alla capitale (1864). Dopo due mesi, e precisamente ai 13 di giugno, si udì nella medesima un orribile terremoto, per cui, sebbene niuno fosse perito, nè le fabbriche de’ palagi, e dei tempî avessero sofferto sensibili danni, purnondimeno furono così rapidi, frequenti, e forti gli scuotimenti della terra, che arrecarono lo spavento dappertutto, fino a sospendersi i sacri misteri, che stavansi celebrando in quell’ora per la festività, che correa, del Corpus Domini (1865). Nel seguente settembre l’augusto Leopoldo d’Austria, dietro un lungo ed ostinato assedio, venne a capo di riprendere dalle mani dei Musulmani la forte città di Buda, malgrado gli sforzi, che fatti avea il gran Visir, che era arrivato con un’armata di settantamila uomini per soccorrerla. Questa lieta notizia, che rallegrò tutta la cristianità, fu celebrata con rendimenti di grazie nella cattedrale di Palermo (1866) per ordine del vicerè, che col senato, il sacro consiglio, e la nobiltà intervenne alla sacra funzione (1867).
      Correa per la Sicilia una certa moneta di rame, la quale fu fama, che si fosse introdotta in Messina nel tempo della ribellione di quella città. Era leggierissima di peso, e perciò sproporzionata al valore, per cui [425] spacciavasi.