Stava a cuore del monarca di Spagna, come abbiamo or ora detto, di far rinascere l’opulenza in Sicilia, dove e per le scosse di terra, che aveano sconquassate le città, e le terre, e per la spopolazione della città di Messina era perito il commercio; e quantunque avesse sulle spalle la guerra, che sostenea contro i Catalani, e dovesse soccorrere i suoi collegati, contro i quali il re Cristianissimo spedite avea poderose armate, nondimeno, tenendo anche l’occhio vigile a questa parte de’ suoi stati, premurosamente richiedea al vicerè, ed a’ ministri di questo regno, affinchè gliene additassero i mezzi. Fra’ varî piani, che si promuoveano per ristorarlo, fu posto sul tavoliere quello, che suggerivano i Messinesi, cioè d’introdurre la scala franca nel loro porto, con cui si sarebbono riparati gl’interessi della camera, sarebbe Messina divenuta il mercato del levante, e di tutta l’Europa, sarebbesi accresciuto il commercio, e per conseguenza la popolazione. Fu questo progetto esaminato da’ ministri; molti de’ quali furono di contrario avviso, non già per le efficaci ragioni, per le quali doveano ricusarlo, ma per un certo motivo, quanto è dire, perchè non s’introducessero a commerciare nel regno nazioni non cattoliche, le quali avrebbono potuto co’ loro costumi far pericolare la purità della nostra religione. Il duca di Uzeda poco delicato per questo conto: non trovando altre difficoltà, che lo dissuadessero, appoggiò alla corte colle sue consultazioni quanto aveano proposto i Messinesi, e nel mese di aprile dell’anno 1695 ebbe l’ordine dal re Cattolico di eseguire il suddetto piano.
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