Contento questo vicerè, che il monarca [433] avesse condisceso a’ suoi suggerimenti, partì nello stesso mese per Messina sull’unica delle nostre galee, che ritrovavasi nel porto (1911), ed ivi arrivato diede tosto le provvidenze per la Scala Franca: comandando che vi si fabbricassero de’ magazzini, ed altre officine, e sopra tutto un lazzaretto, e un ghetto per gli Ebrei. Mentre ritrovavasi in quella città, pensò di fare un giro per le città rovinate dal terremoto, e prima delle altre visitò Catania, per osservare i principî della nuova città, e restò molto contento nel vedere la sollecitudine, che aveano avuto quegli abitanti nell’ergere gli edifizî. Passò di poi a visitare Siracusa, ed Agosta, e ritornando nuovamente a Catania si restituì dopo alquanti giorni a Messina (1912). Promulgò allora a’ 15 di agosto una notificazione, per cui avvisava i Siciliani, e gli stranieri del privilegio accordato alla città di Messina dal monarca: dandosi adito a chiunque di andare a trafficarvi; e promulgò le leggi per la direzione di quel porto franco (1913).
Si trattenne il duca in Messina durante tutta la stagione estiva; ed essendo ricorso in quel tempo il dì natalizio della duchessa sua moglie, volle celebrarlo con magnificenza veramente reale. Fe egli ergere presso il regio palagio di quella città un nobile teatro, che rappresentava il monte Olimpo, ornato di geroglifici, e di figure, ed illuminato a giorno co’ lumi di cera, e fe ivi cantare in musica un dramma pastorizio, che significava il trionfo degli Dei.
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