Or si avrebbono dovuto in questa petizione rammentare le prammatiche del re Giovanni, se fossero state note, e non chiedere questa come una nuova legge perpetua, ed ordinata. Che che sia di ciò, se la seconda [441] prammatica fu vera, noi ci ricrediamo di quanto abbiamo scritto, ed emendiamo lo errore.
Alla pag. 270 rapportando le controversie nate fra la inquisizione, e la gran corte per il processo fatto da questo tribunale a Mariano Alliata, familiare degl’inquisitori, e la sentenza proferita contro il medesimo, e tutto ciò che fu fatto dal vicerè duca di Feria, e dallo arcivescovo di Palermo de Aedo dissimo, che ci era ignoto l’esito di questo affare, essendo discordanti il giornale di Paruta, e il Caruso, e perciò restammo indeterminati a stabilirlo. Dopo fattane la stampa, ci è però capitata una antichissima, e logora cronichetta, che comincia dall’anno 1568, e termina al 1606, che ci ha cortesemente comunicata il signor Girolamo de Franchis ceremoniere, e banditore di questo senato di Palermo, dalla quale rileviamo, che toccò nel segno lo accuratissimo Paruta. Ecco le parole di questo cronista, che fu contemporaneo. E perchè poi detti soldati voliano essiri assoluti, e detti signori inquisitori voliano, che lassassiro li armi, e detti soldati non li voliano lassari, anzi messiro di nuovo li mecchii (miccj) alli serpentini (foconi), e detti signori inquisituri li dissiro, si voliano esseri assoluti, calassiro li buchi (le bocche) delli arcabussi (archibugj) in terra, e cossi facto, e detti signori inquisituri li assolvero della finestra, e detti soldati sindi (sene) andaro, così detta Gran Corti cassau il bando, e mandau informationi, cioè il processo alla inquisizione.
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