Intendiamo ancora da questo mss. che Mr. Cicala, vescovo di Marsala, incaricato dal vicerè di portarsi a Trapani per sedare i tumulti, e voluto ancora da quei popolari, ebbe modo di ridurre ogni cosa in quiete, e di persuadere quel popolo a non più valersi di Girolamo Fardella per avvocato. Costui, che si era fatto capopopolo, così per vivere, che per vendicarsi dei suoi nemici, e particolarmente del principe di Paceco, e del barone di Fontanasalsa, che quantunque della stessa famiglia, non lo riconoscevano per parente, come colui che discendea per linea bastarda, vedendosi abbandonato dalla maggior parte del popolo, concepì lo ardito disegno di muovere a sollevazione parecchi plebei, seminando nei cuori di essi dei vani timori. Avendo di poi il vicerè ordinato, che questi, che spargea la semente della discordia, fosse carcerato, e mandato a Messina: egli si avvalse di questa occasione per versare negli animi dei suoi nuovi spaventi, e venne a capo di far sì, che tutti di nuovo si unissero contro la nobiltà, che fu costretta quasi tutta ad allontanarsi dalla patria. Le truppe stesse non stavano sicure, e fu d’uopo che si ritirassero nel castello, e rivolgessero le artiglierie contro la città. Allora il vicerè spedì il marchese di Bajona colle galee, l’avvicinamento delle quali, e delle truppe mandate da Palermo sanarono la frenesia del popolo, che, pensando ciascheduno a casi suoi, cominciò a dissiparsi, e a non più aderire col Fardella, il quale privo di sostegno, fu preso, non già dal popolo, ma dai ministri di giustizia, che lo condussero al castello.
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