Siccome però si accorse, che la troppa severità del Miranda lo rendea poco accetto, lo rimosse dall’impiego, e gli sostituì Giovanni di Acugna, uomo di dolcissimi costumi, prudente, ed insieme coraggioso, di cui i Messinesi restarono appieno soddisfatti. Quietati così gli animi di quei cittadini, e dato ordine a tutto, partissene a’ 19 di novembre, e facendo il viaggio per terra, arrivò in Palermo a’ 26 dello stesso mese, dove fu accolto da’ Palermitani con singolare piacere.
      Si aprì in questo istesso anno il teatro della guerra in Italia, essendo calate dalle Alpi molte truppe francesi per difendere lo stato di Milano, ed avendo l’augusto Leopoldo spedita un’armata sotto il comando del principe Eugenio per invaderlo. Ma oltre alla guerra patente, che si facea fra gli Austriaci, e i Gallispani, se ne tramava un’altra per vie occulte, e sotterranee da’ partitarî della casa d’Austria, per indurre i Napolitani, ed i Siciliani a scuotere il giogo dei Borboni, e inalberare lo stendardo dello imperadore. Non appartiene al nostro scopo ciò che accadde in Napoli (1956), solo ci contenteremo di raccontare ciò che avvenne in Sicilia.
      Dimorava in Roma Gennaro Antonio Cappellani prete napolitano, uomo dotto non meno nelle più gravi scienze, che nell’amena letteratura. Questi introdottosi nella casa del conte di Lamberg, ch’era l’ambasciadore di Cesare alla santa sede, gli suggerì, ch’era cosa agevole il sollevare i Siciliani, i quali quanto amavano gli Spagnuoli, altrettanto aveano in odio i Francesi, e si esibì per le corrispondenze, che avea nel nostro regno, a suscitarli contro la casa Borbone ogni volta, che fosse accompagnato dalle [446] commendatizie della corte.