Gli promise egli il viceregnato perpetuo di Sicilia, se entrava in questa congiura. Questo accorto, e saggio cavaliere, seguendo le pedate del principe di Cutò, di cui abbiamo in questo istesso capo parlato, finse di volervi aderire; ed ordinò al Mauro, che ritornasse più tardi per stabilire le maniere, colle quali potesse sicuramente eseguirsi il proposto disegno, e intanto ne fe inteso il cardinale del Giudice, da cui ottenne il permesso di farlo carcerare, quando veniva in sua casa. Preso costui confessò il suo delitto, e palesò i maneggi, che allo stesso fine avea fatti in Napoli, e senza indugio fu condannato alle forche, essendosi veduto appeso alle medesime il dì 14 del mese di giugno, senza che in città se ne fosse nulla penetrato.
Questi maneggi, che di tratto in tratto si faceano in Sicilia da’ ministri imperiali, per suscitarvi de’ movimenti, e le flotte formidabili degli Anglo Olandesi, che passeggiavano ne’ nostri mari, faceano a giusta ragione temere al vicerè del Giudice, che non fosse per iscoppiare qualche rivoluzione, o che non fosse per accadere qualche invasione de’ nemici; e perciò non solamente si determinò di non partire dalla capitale, ma stimò ancora, che fosse espediente d’intimare a’ baroni il servizio militare, come ne promulgò il bando a’ 30 di giugno (1977). Ordinò inoltre, che si formassero delle trincee dietro il real castello, e che i due baluardi dello Spasimo, e del Vega fossero custoditi dai collegî delle arti, facendo a vicenda le guardie or l’uno, or l’altro in buon ordine, e colle necessarie armi (1978).
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