Crescevano di giorno in giorno i sospetti, e a’ 20 del seguente luglio arrivò la notizia, ch’erano comparse ne’ mari della Licata centonovanta vele, le quali erano di poi passate ne’ mari di Trapani. A questo avviso, oltre di essersi date le provvidenze necessarie per tutto il regno, furono per ordine viceregio posti in armi tutti gli artisti, si piantarono delle trincee alla Porta Felice, e fu ristorato, e ridotto in miglior forma un forte del castello, che trovavasi rovinato dalle ingiurie del tempo, cui fu apposta la seguente iscrizione:
D. O. M.
PHILIPPO V.
Hispaniarum, et Siciliae Rege
Augusto. InvictoPropugnaculum
Ad tuitionem Arcis Panormitanae
Jam antea extructum, injuria temporis exinde penitus collapsumFranciscus Tit. S. Sabinae Cardinalis Judice
Prorex, et Capit. Generalis Regni Siciliae
In aptiorem formam extrui curavitAnno Recup. Sal.
MDCCIII.
[451] Siccome poi vi erano alcuni ceti di cittadini, che non erano uniti in consolati, così il senato di Palermo ingiunse loro, che si armassero per la difesa della comune patria, e furono dallo stesso magistrato destinati i capitani per ogni quartiere della città, sotto i quali militar dovessero.
Cessò presto il timore, in cui si era, essendo arrivata la certa notizia, che le navi apparite nelle acque di Trapani, e della Licata non erano che mercantili. Nondimeno non si trascurò di stare con vigilanza, e di continuare le guardie per la città. Cooperaronsi al bene della patria molti ancora di coloro, che non erano obbligati al servizio militare, i quali a proprie spese mantennero degli uomini a cavallo, affine di custodirla.
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