Nondimeno la nobiltà, e il ministero vestì di lutto per quaranta giorni, e le campane delle chiese non desisterono dal suonare a morto. Un guajo peggiore gli arrivò ai 13 del seguente maggio, in cui corse rischio di essere ucciso, o per lo meno imprigionato. Volea egli godere della pesca dei tonni, che dovea in quel giorno farsi alla tonnara dell’Arenella, ch’è un divertimento assai piacevole, e si fa con un apparato magnifico (2006); e dovea portarvisi sopra una delle nostre galee. Or molti condannati al remo, alla testa dei quali era un trapanese, che chiamavasi Simone Morto, tramarono l’ardita impresa, quando il vicerè fosse andato ad osservare quella pescaggione, di sollevarsi, e di metterlo in ceppi con tutta la nobiltà che l’accompagnava, e di viato veleggiare per Napoli, affine di presentare questa preda al conte Daun governatore cesareo, che vi comandava, sperando di ottenerne un premio, o per lo meno la grazia di essere liberati dalla galea. A buona sorte del vicerè questo nero attentato non ebbe effetto. Il comito della reale capitana, dovendo condurre questo signore al mentovato spettacolo, non stando sicuro dei remiganti, e dubitando che nella confusione, ch’è inseparabile da quella pescaggione, eglino non tentassero, o per disubbidienza, o per altro pravo motivo, di far pericolare la detta galea, dimandò che s’imbarcassero su di essa delle soldatesche, le quali in ogni evento potessero far rispettare i suoi ordini; e così fu fatto. I congiurati vedendosi contro ogni loro espettazione cinti di soldati armati, non si arrischiarono di mettere in pratica quanto aveano meditato, e restò così salvato il vicerè, e la sua comitiva.
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