Agitati da codesti panici timori, che suscitavano i nemici della pubblica tranquillità, stavansi coll’animo sospeso, e faceano ogni possibile diligenza, per isfuggire il minacciato pericolo, ricercando ogni angolo del baluardo, quando vi entravano di guardia, per osservare se erano insidiati.
Ora a’ 28 di maggio circa le ore 22 una compagnia di artisti, essendo andata a montar la guardia nel bastione del Vega, facendo le consuete diligenze, trovò nascosta in un angolo una piccola quantità di polvere con del biscotto, ed altri comestibili. La fantasia, una volta che sia accesa, ci fa vedere degli spettri, che non esistono; quella poca polve fu capace di alterare la loro mente, e di far credere, che vi fosse stata apposta dai soldati francesi, ed irlandesi, che voleano occupare quel posto, comunque non fosse bastata appena per provigione di quattro uomini. Pieni di questo stravangante pensamento, senza più riflettere, cominciarono a gridare: all’armi all’armi fuori francesi, ed irlandesi. Alle voci di costoro si mosse tutta la città a rumore, e corsero i popolani al forte del Vega per udire cosa fosse accaduta. Di bocca in bocca passando la insussistente notizia, fu veduta tutta la città sossopra, e quasi che avessero le armate soldatesche addosso, che voleano impossessarsi de’ bastioni, e far di essi macello, si dispersero per tutti i quartieri, gridando: all’armi all’armi.
Il marchese di Balbases era sortito dal regio palagio, e passeggiava nel Cassero. Non era la sua carrozza arrivata alla piazza Vigliena, che fu avvertito da’ suoi affezionati del tumulto, che si era suscitato, e fu pregato a ritornarsene addietro, per non esporsi agl’insulti del tumultuante popolo, come egli eseguì. In questa occasione fu ammirata la tranquillità d’animo del conte di Maonì. Trovavasi egli nella casa del principe di Carini dirimpetto alla cattedrale, dove udì la commozione della plebe, e che il vicerè si era restituito al regio palagio.
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