Fu accolto di mala grazia dal marchese di Balbases, il quale, sebbene avesse liberato il canonico, persuaso che questi non era colpevole, non lasciò di rimproverare il vescovo per la violenta, e inconsiderata maniera con cui avea operato, avvertendolo di astenersi in avvenire di simili azioni, se cara gli era la grazia di S. M. Cattolica.
Stavano intanto i catapani legati dalla scomunica ingiustamente fulminata dal vescovo, il quale non si dava alcuna fretta di discioglierneli, nonostanti gli avvertimenti datigli dal vicerè. Ricorsero perciò eglino al giudice della regia monarchia, il quale in virtù della sua autorità li fe per allora assolvere, come suol farsi, ad cautelam, affine di poter comparire in giudizio, ed ordinò al vicario generale di Lipari, che mandasse al suo tribunale gli atti fatti in questa occasione nella curia vescovale contro i catapani, e spedisse persona in Palermo, o ne incaricasse alcuno che fosse in questa capitale, per poter difendere innanzi a lui i pretesi diritti del vescovo. Questa intimazione fatta al suo vicario irritò l’animo di Mr. Tedeschi, il quale si determinò di abbandonare la sua diocesi, e ritornato di nascosto a Messina, s’imbarcò furtivamente sopra le galee del gran duca di Toscana, che erano in quel porto, senza chiedere al vicerè, come debbono tutti i vescovi, il permesso di partire, e andossene a Roma.
Quel, che abbia detto al papa, e ai cardinali questo inquieto prelato, rappresentando come tirannico, e insopportabile a tutti i vescovi il tribunale della monarchia, può da sè ognuno rilevarlo.
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