Si procurò inoltre il ricorso dei tre vescovi di Catania, di Girgenti, e di Mazara, facendo comune la causa; e fe capire in Roma, che tutti i prelati della Sicilia erano malcontenti di questo tribunale, e pronti a quanto la santa sede avrebbe loro prescritto. La corte romana avea sempre sofferto di mala voglia questo tribunale, e cercato, come si è osservato nel libro antecedente, o di abolirlo, o di diminuirne l’autorità sotto i sovrani della casa d’Austria; laonde fu agevole a Mr. Tedeschi il muovere gli animi già disposti a schiantarlo. Parve perciò questa una bella, ed opportuna occasione per eseguire questo disegno, e da quel punto si cominciò ad ordire la rovina da tanto [471] tempo meditata della regia monarchia di Sicilia.
      Si diè fuoco a questa mina colla famosa lettera scritta a’ 16 di gennaro 1712 per ordine dei cardinali palatini della congregazione della immunità ecclesiastica a tutti gli arcivescovi, e vescovi del regno di Sicilia, che fu la pietra dello scandalo. Dichiaravasi in essa, che non era permesso a veruno tribunale lo accordare l’assoluzione ad cautelam dalle scomuniche maggiori fulminate dai vescovi con pubblici cedoloni, essendo questa riserbata privativamente al sommo pontefice; perciò ordinava a’ suddetti prelati di Sicilia, che facessero affiggere nei consueti luoghi questa dichiarazione della sacra congregazione. Furono spedite le copie di questa lettera a Mr. Andrea Reggio vescovo di Catania, che era il più pertinace a favore della immunità, il quale prese a suo carico di dispensarle, come eseguì. Non tutti i prelati di Sicilia furono uniformi nel far uso della mentovata lettera della sacra congregazione.