Questa moderazione del marchese di Balbases in vece di essere applaudita, come meritava, fu da coloro, ch’erano del partito contrario al governo, disapprovata, come uno attentato contro la immunità ecclesiastica. Il fanatismo erasi presso costoro in tal modo inoltrato, che credeano essere una gran reità ogni atto, per quanto giusto e ragionevole si fosse, che facesse urto alle pretensioni degli ecclesiastici, e ne infievolisse le vantate prerogative.
      Surse allora un nuovo campione della immunità ecclesiastica, che punto non cedea in violenza al discacciato vescovo di Catania. Era questi Mr. Ramirez vescovo di Girgenti, il quale infingendo un breve pontifizio, con cui veniva eletto delegato apostolico, per procedere contro coloro che avessero confiscati i beni del vescovo di Catania, scomunicò ex abrupto i ministri della regia camera ch’erano a Messina, senza prima citarli, nè far precedere le ammonizioni prescritte in simili casi da’ canoni della chiesa, e senza mandare il preteso breve, la di cui data non era punto compatibile col fatto, di cui trattavasi, alla regia esecuzione. Sdegnossi il marchese di Balbases di questo nuovo perturbatore, e sotto li 16 di agosto di questo anno gli ordinò lo sfratto dal regno, come nemico del re, e della pubblica tranquillità. Fu del pari restìo il Ramirez, ma dovette ubbidire, e partire, sebbene prima di allontanarsi, seguendo le vestigia di quello di Catania, soggettò a’ 28 di agosto ugualmente la sua diocesi allo interdetto, e scomunicò coloro, che d’ordine del vicerè l’obbligarono alla partenza (2058). Ma fece una cosa di più; dubitando che il suo vicario generale non avesse il coraggio di fare osservare lo interdetto, e che sostenendolo non fosse per essere esiliato, lasciò una elezione di diversi vicari generali suoi parteggiani, acciò in ogni incontro si succedessero l’uno all’altro, e si mantenesse sempre viva l’osservanza della fulminata censura.