Era diviso in tre ordini: nel primo stavano dipinti i tre famosi monti dell’isola, cioè Erice, Castrogiovanni, e Mongibello; nel secondo erano rappresentati i tre promontorî della medesima in figura di tre colossi, e presso ad essi tre quadroni. In uno stava delineato il re Vittorio, che ricevea dalle mani della Sicilia il vessillo di essa, in cui era dipinta l’aquila gentilizia con una croce in petto, e presso ad essa un genio, che gli presentava lo scettro e la corona; nel secondo quadro compariva il re in atto, che ascoltava gli ambasciadori spediti dalla deputazione del regno; nel terzo finalmente lo stesso re ricevea gli omaggi della nazione. L’ultimo ordine contenea tre maestosi simolacri, co’ quali erano disegnati i tre regni [477] di Sicilia, di Gerusalemme, e di Cipro, che sosteneano una gran corona regale, che era il termine della macchina artifiziata (2066). Restarono paghi di queste dimostrazioni i sovrani, i quali dopo lo sparo dei fuochi passeggiarono per il Cassero, affine di godere della illuminazione.
Questa continuò nelle seguenti sere 22, e 23 di dicembre. Ma nel giorno 24 destinato alla coronazione apparve la città oltre modo brillante. Il vasto duomo dalla sommità fino al pavimento era superbamente adornato di velluti cremisi con fregi di ori, e di argenti, e con broccati. Erano le pareti vestite di grandi quadri, che rappresentavano i santi palermitani, con cornici inargentate; attorno al cornicione erano artificiosamente intrecciate palme, corone, vasi, genî, fiori, ed altro, che ne rendeano grazioso il disegno.
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