Era scolpita diligentemente in quella, che avea fatto fondere il senato, la immagine del re, colla epigrafe attorno: VICTORIUS. AMEDEUS. D. G. SICILIAE. JERUSALEM. ET. CYPRI. REX. Compariva nel rovescio lo stesso monarca assiso in soglio, cui il genio di Palermo mettea sul capo la regal corona, e il genio di Sicilia offriva lo scettro, col motto attorno: REGIO. CAPITI. A. REGNI CAPITE. S. P. Q. P. Nel diritto dell’altra, che avea fatto battere il regal patrimonio, iscorgeasi del pari la effigie del re colle medesime parole attorno di quella del senato, e nella parte opposta era rappresentata l’arca del diluvio sostenuta dalle acque, col motto nel cerchio di essa: MULTIPLICATAE. SUNT. AQUAE. ET. ELEVAVERUNT. ARCAM. IN. SUBLIME. Si volle additare, che fra le tempeste della guerra fu inalzata la Sicilia all’onore di avere il suo proprio sovrano.
Fu anche apposta dai marammieri della cattedrale nel portico di questa chiesa, che corrisponde alla parte del cassero, una tavola marmorea scolpita a basso rilievo, in cui č rappresentata tutta la funzione del coronamento del re Vittorio, che tuttavia esiste nel detto luogo. Due iscrizioni furono collocate sotto la detta tavola; l’una ben cattiva composta dal P. Ignazio del Vio degli estinti gesuiti, che ebbe il coraggio di render pubblica colle stampe l’anno 1714 per i torchi di Gaspare Bajone in Palermo, aggiungendovi delle note peggiori della iscrizione medesima a perpetua sua ignominia. Trovatasi questa insulsa, e intollerabile, fu cassata, ed in luogo di essa ve ne fu apposta un’altra di cui fu autore il sacerdote Vincenzo Venticello, nella quale, rapportandosi tutta la serie dei re, e delle regine che ricevettero il serto reale nel gran tempio di Palermo, si racconta di poi la coronazione di Vittorio Amedeo, e di Anna d’Orleans.
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