Nondimeno dichiarò, ch’entrambi non poteano partire, se non precedea il permesso di S.S., ch’ei sospettava che non si sarebbe così agevolmente potuto ottenere, e se non si ordinava nelle loro diocesi l’osservanza del fulminato interdetto. Ricusò il cardinale di cooperarsi col re per ottenere la osservanza di questa censura, ch’ei credea ingiusta, e disonorevole al decoro di S.M., e soggiunse, che dovea anzi il loro ritorno essere accompagnato dalla rivocazione de’ loro editti. Si protestò finalmente, ch’ei intanto avea fatto questo progetto, perchè gli stava sopratutto a cuore l’onore di S. Beatitudine; e che, quando non fosse stato accettato, non avrebbe più aperto bocca: contento di avere proposti i mezzi più plausibili, per togliere con riputazione della corte di Roma i presenti scandali. Fece questo invitto cardinale di più; ne parlò efficacemente a Clemente XI in una udienza privata, che richiese. Finse il papa di aggradire il proposto mezzo; ma si riserbò di sentirne prima il parere de’ cardinali della congregazione. Fu in fatti proposto a questi porporati, i quali al solito risposero favorevolmente per il re di Sicilia. Ciò nonostante questo pontefice, che non sapea abbandonare le sue idee, fe dire per un viglietto al cardinale de la Tremoille, ch’ei non avrebbe [484] mai dato il suo consenso al ritorno de’ vescovi, se prima non erano adempiuti gli altri articoli proposti nella memoria, che sua eminenza gli avea prima fatta arrivare, e che poi era stata alla medesima restituita.
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