Tutti gli enunciati monumenti sono presso di noi.
Istruito il re Vittorio di quanto avea fatto questo cardinale, non solamente approvò la di lui condotta, e dichiarò, ch’era contento del ritorno de’ vescovi esiliati; ma, per vieppiù addimostrare l’animo suo pacifico, e disposto ad ogni amichevole composizione, liberò dalle carceri i tre vicarî generali di Girgenti, che d’ordine del governo erano stati imprigionati. Dichiarò nondimeno altamente, che questa era l’ultima prova della sua condiscendenza, e che, quando il papa non avesse voluto nulla lasciare delle sue strane pretensioni, avrebbe in avvenire trovato in lui un petto di bronzo per sostenere gli antichi, e irrevocabili diritti della sua corona, e i privilegi inalienabili de’ suoi amati vassalli.
Siccome poi le sue circostanze ricercavano, ch’ei dovesse abbandonare questo regno, e portarsi in Savoja, così egli destinò dopo la sua partenza un consiglio di scelti ministri, affinchè invigilassero con ogni diligenza alla difesa delle regalìe contro gli attentati della corte romana. Fu questo nuovo tribunale chiamato giunta, ed era composto da sei giureperiti, cioè dal presidente della G. C. dal presidente del concistoro, dal consultore, da’ due avvocati fiscali della G. C., e del real patrimonio, e da un giudice della gran corte (2078). Fu loro accordata una illimitata podestà, che riuscì assai funesta a coloro, che si erano buttati dal partito de’ vescovi di Catania, e di Girgenti, e della corte romana.
La vicina partenza del re per Torino apportò gran dispiacere a’ Siciliani.
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