Si erano eglino in qualche modo lusingati, e lo stesso re ne avea data speranza, che avrebbe stabilita ferma la sua dimora nella capitale. Sulle prime non fu pubblicato, se non il viaggio per Messina; e questa risoluzione non era irragionevole, essendo cosa giusta, che il nuovo monarca visitasse il regno, e le principali città di esso; laonde non restarono per allora scorucciati i Palermitani, i quali immaginavano, che fatto il giro della Sicilia, sarebbe il re ritornato a dimorare nella loro patria. Partì la corte da Palermo a’ 19 di aprile, e fe la via per terra. Marciava Vittorio Amedeo a cavallo con molti cavalieri del suo seguito, e la regina colle sue dame andava in lettiga. Prese la via di Catania, dove si trattenne pochi giorni, e a’ 2 del seguente maggio giunse a Messina, dove fe la pubblica entrata a cavallo, e furono fatte delle illuminazioni, e delle feste, per avere egli onorata quella città colla sua real presenza (2079). Grato egli alle accoglienze di quei cittadini (2080), volle darne un pubblico attestato; e a’ 10 di giugno con un real dispaccio accordò loro alcune prerogative, delle quali erano stati spogliati dal conte di Santo Stefano, e concesse, che ne’ parlamenti il procuratore del loro senato occupasse il secondo luogo dopo quello del senato di Palermo. Questo onorifico viglietto fu tosto promulgato colle stampe di Giuseppe Maffei. Promosse ancora al grado di gentiluomini di camera quattro de’ principali cavalieri messinesi (2081).
Mentre il re si tratteneva in Messina, standogli a cuore che le strade del regno non fossero più infestate da’ ladri, ai precedenti ordini ne aggiunse de’ più pressanti; e come seppe, che uno dei primarî cavalieri era protettore di questi malandrini, ne ordinò la [485] carcerazione; anzi sentendo che questi era inoltre indebitato, gli fe sequestrare i beni, per pagarsi co’ frutti i di lui creditori; e quando questi non fossero bastanti, comandò che si vendessero quelli, co’ capitali dei quali potessero soddisfarsi i debiti.
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