Il nome di costui, che poi fu ucciso ai 21 di giugno 1719, restò, ed è tuttavia in abominazione, ed era divenuto lo spauraccio dei ragazzi, ed oggi, più che mai, un ministro che si mostra nemico degli ecclesiastici, viene per sopranome chiamato Matteo lo Vecchio. Oltre tutte queste precauzioni fecero gl’indipendenti ministri talora uso della sentenza di morte, sebbene poche volte; imperocchè in tutti i nostri annali non troviamo condannati all’ultimo supplizio, che due, un tessitore ai 9 di marzo 1715, ch’era fama che tramasse una congiura contro il vicerè, ed i ministri, e un calzolajo, che disapprovava pubblicamente la loro condotta.
In questa rivoluzione di cose non era possibile, che fosse tranquillo, ed approvato il viceregnato del conte Maffei. Era egli costretto a sostenere i diritti della monarchia, nè era in sua balìa il frenare l’eccessivo rigore dei ministri, che operavano indipendentemente, e senza consultarlo, in forza della illimitata podestà, che ricevuta aveano immediatamente dal sovrano. Rammentasi, che egli più fiate, udendo le pubbliche mormorazioni, abbia ammoniti i medesimi, e particolarmente il mentovato Ingastone, che usasse della moderazione nell’operare, e che questi abbia francamente risposto, che non potea altrimenti farsi, così ricercando il servigio del re (2088). Era egli tante volte obbligato, per uniformarsi al volere della giunta, di comparire il principale sostenitore dei privilegi della monarchia, dispregiando gl’interdetti, [487] e le scomuniche.
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Matteo Vecchio Maffei Ingastone
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