All’udire le ampollose espressioni, delle quali si avvale la suddetta bolla, per ischiantare il tribunale della monarchia di Sicilia, e all’osservare i neri, e spaventevoli colori, con cui vien dipinto, ognuno che non è a giorno della verità, immaginerebbe che fosse un mostro orrendo, e peggiore del tribunale d’Inghilterra, di cui si fe capo Arrigo VIII. Dicesi in essa, che questo magistrato colla novità del suo nome era ingiurioso al primato della chiesa romana, come quello che violando le sacre leggi, usurpava i diritti del Santuario: facendoli esercitare per una mano secolaresca sotto il preteso titolo di legato apostolico; restando così piagata l’autorità della santa sede. Soggiungesi, che il privilegio che si volea, che si avesse ottenuto il conte Ruggiero dal pontefice Urbano II, era onninamente finto, ed inventato, o per lo meno corrotto, e viziato da qualche astuto impostore; e che posto ancora che fosse vero, non era quello che si dicea, non facendosi in esso menzione veruna di monarchia. Attaccata l’autenticità, e la verità della bolla di Urbano, si descrivono gli attentati orribili di questo preteso tribunale, il quale introducea in Sicilia un altro capo della chiesa diverso da quello, che si venera nell’orbe cattolico dagli altri fedeli, a cui facea guerra pubblicamente, rescindendo gli ordini della santa sede, dispreggiando i rescritti del romano pontefice, annullando gli anatemi fulminati dal vicario di Gesù Cristo, e gastigando con esilî, con carceri, e con altre severe pene coloro, che gli erano ubbidienti.
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