Al comparire di questa costituzione, il procuratore fiscale del regno di Sicilia protestò contro la medesima con atto di appello, che Clemente con altro breve del 23 di luglio dichiarò nullo.
Rotto ogni argine con questa terribile bolla del ridetto pontefice, perdette Vittorio Amedeo quella sofferenza, che avea fino a quel punto conservata. Si lusingò nondimeno per tutto l’anno 1715, e nel seguente 1716, che per le pratiche fatte dalle corti di Francia, [489] e di Spagna (2092), per la mediazione degli amici che avea in Roma, per le insinuazioni degli uomini dotti ch’erano in quella corte, e per i suggerimenti dei cardinali, che aveano in fino allora disapprovato quanto il papa avea fatto, avesse potuto Clemente XI ricredersi, e dar luogo ad un’amichevole composizione. Ma quando si accorse che Clemente, come uno scoglio, non si lasciava rimuovere, perdette la pazienza; e scrisse ai suoi ministri, che avendo procurato in tutte le maniere di soddisfare al papa nelle presenti vertenze, ed essendosi avveduto che avea perduto il tempo, e le parole, stando sempre fermo questo capo della chiesa nella da lui decisa abolizione del tribunale della monarchia, erasi determinato a difendere a tutta forza i sacri diritti della sua corona: e perciò ordinava alla giunta espressamente eretta per questo affare, che in avvenire procedesse con sommo rigore contro di coloro, che seguissero il partito pontifizio (2093).
Minacciava intanto l’anno istesso 1716 il gran sultano Acmet, dopo di avere spogliati i Veneziani di tutto ciò che possedevano nella Morèa, d’invadere l’Italia; ed essendo sbarcati intorno a quarantamila fanti ottomani nell’isola di Corfù, che sta dirimpetto alla estremità del regno di Napoli, si temette che le loro mire non fossero indiritte verso l’isola di Malta, ch’è stata sempre l’oggetto delle loro conquiste.
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