Il gran maestro della religione Raimondo de Perellossi preparò alla difesa, e chiamò tutti i cavalieri dell’ordine, che stavano lontani (2094). Nello stesso pericolo trovavasi il nostro regno; e perciò il conte Maffei, per premunirsi in tempo, ai 25 di maggio intimò ai baroni feudatarî il servizio militare (2095). Cessò presto il timore, da cui erano agitate le due isole di Malta, e di Sicilia: l’augusto Carlo VI paventando per i suoi stati d’Italia, ch’erano più a rischio d’essere invasi, portò la guerra al Turco nei confini del di lui impero, ed ottenne a Petervaradino per il valore del principe Eugenio, che comandava l’armata imperiale, una compiuta vittoria sopra i Turchi, quantunque fossero stati di gran lunga superiori, s’è vero, che il loro esercito era di centocinquanta mila uomini. La notizia di questa disfatta arrivata a Corfù atterrì per modo gli assedianti, che parendo loro di avere alle spalle le truppe vittoriose di Cesare, se ne fuggirono, lasciando bagagli, artiglierie, e perfino i cavalli. Così fu liberata l’Italia dal pericolo, e per conseguenza restarono tranquille le isole di Sicilia, e di Malta.
Ora per ritornare agli ultimi ordini mandati dal re Vittorio ai nostri ministri della giunta, eglino sicuramente non aveano bisogno di sproni, per incrudelire contro coloro che teneano il partito di Roma. Assai prima, e da che era arrivata la bolla pontifizia, che distruggea il tribunale della regia monarchia, aveano severamente proceduto, non solo contro coloro, che per spirito di prevenzione sostenevano le scomuniche, e gli interdetti, e quanto di giorno in giorno arrivava da Roma, ma ancora contro quelle anime deboli, e timide, le quali paventavano di lordare la loro coscienza, se trattavano cogli scomunicati; e per questo unico motivo si astenevano dallo avere commercio coi medesimi: ma poi spinti i detti ministri dagli ordini del re, non serbarono più limiti.
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