Vinto il re dalle loro rappresentanze scrisse alla giunta, che usasse in avvenire una maggiore moderazione; ma i ministri di essa erano così accaniti, e bollivano in tal modo di sdegno contro i difensori del papa, che furono perfino sordi ai comandi del sovrano. Il conte Maffei n’era crucciatissimo, considerando che senza questa persecuzione avrebbe governato il regno nella più plausibile maniera. N’era ancora persuaso il monarca, il quale restò così pago della di lui condotta, che lo confermò nella carica per altri tre anni, spedendogli la cedola reale agli 11 di agosto 1717 (2097), la quale per altro non trovasi registrata nei nostri archivî.
Sembrava che la pace di Utrech dovesse restar ferma per parecchi anni; quando un uomo intrigante ebbe l’arditezza di romperla, di metter sossopra tutta l’Europa, e d’immergere di nuovo l’umanità nei disastri della guerra. Fu questi Giulio Alberoni parmeggiano, uomo di assai bassi natali, e poverissimo, il quale fornito di talenti, dopo di avere di grado in grado migliorata la sua sorte, entrò ai servigî del duca di Vandomo, con cui andò in Ispagna, ed ivi fermatosi giunse a sostenere in quella corte la carica di Residente del duca di Parma, e Piacenza. Essendo morta ai 14 di febbraio, come abbiamo osservato, la regina Cattolica, figliuola del re Vittorio Amedeo, ed essendo Filippo V. restato inconsolabile di questa perdita, si pensava a Madrid di rimarginargliene la piaga, facendolo al più presto passare alle seconde nozze. Dominava allora in Madrid la principessa Orsini, ch’era la prima dama di corte, che godea la piena grazia del sovrano, ed era temuta, e rispettata dai ministri di stato.
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