Sulla notte fu veduta l’armata accostarsi a Castellammare del Golfo, e verso i lidi della terra di Carini. Il principe signore di essa che ivi dimorava, ne diè subito avviso al vicerè conte Maffei, il quale se ne stiede tranquillo, affidato alle lettere che avea ricevute dal re Vittorio Amedeo. La mattina seguente primo di luglio apparvero i vascelli alle viste di Palermo. Il pretore, e la nobiltà corsero subito al regio palagio; ma furono dal conte assicurati, che non vi era alcun timore; giacchè l’armata spagnuola era amica, e solamente passava per andare altrove. Arrivando la sera si videro le navi accostarsi al monte Gerbino, e di poi sbarcare le soldatesche ne’ lidi di Solanto. Interrogate le truppe, per qual ragione fossero sbarcate, risposero, ch’erano destinate per impadronirsi della Sicilia. Ne fu avvisato con corrieri il conte di S. Marco pretore, il quale portatosi al regio palagio, palesò al vicerè lo sbarco fatto dagli Spagnuoli, e le mire, che aveano. Restò di sasso il conte Maffei, conobbe l’inganno, e ordinò al conte pretore, che mettesse la città in istato di difesa. Rispose questi, che non era in grado di ubbidire, trovandosi Palermo senza forze, e sprovveduta di viveri, e di munizioni. Chiese perciò il permesso, che gli fu accordato, quando l’armata si fosse avvicinata, di potere capitolare colle condizioni le migliori, che ottener potesse, e di consegnare la città. Intanto per la quiete della medesima il detto pretore intimò a’ collegi degli artisti di rondare la notte, e di custodire i baluardi.
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