Questa coraggiosa risoluzione di monsignor Gasch (prosegue a dirci il Mongitore (2118)), fu la cagione, per cui il marchese di Lede concesse, che potessero tutti gli ecclesiastici siciliani, ch’erano stati banditi, restituirsi alle loro patrie; laonde il cardinale Acquaviva ministro della corte di Spagna fe sapere a’ medesimi, ch’era pronto ad accordare il passaporto a tutti coloro, che bramassero di ritornare. Noi, quantunque ci ritroviamo privi di monumenti che ci contestino questo fatto, nondimeno, essendo stato il Mongitore uno scrittore sincrono, e perciò un testimone di ciò, che allora accadde, non abbiamo ragione alcuna di dubitarne. Il Gasch nulla di manco, e una buona parte degli ecclesiastici siciliani esuli, per allora non ritornarono: le guerre nate in Sicilia fra gli Austriaci, e gli Spagnuoli, che frappoco descriveremo, ne sospesero la partenza, e lo arcivescovo non rivide la sua amata diocesi, che negli anni seguenti, come nel suo luogo si dirà.
Date queste, ed altre disposizioni, e assicurata la quiete della capitale, si rivolse il marchese di Lede a proseguire gli acquisti nel regno. Gli stava più di ogni altro a cuore [498] la città di Messina, dove i Savojardi si erano abbastanza fortificati, e dove per la vicinanza del regno di Napoli, ch’era in potere dello imperadore Carlo VI, nemico della Spagna, dovea a ragione temersi, che non vi arrivassero de’ soccorsi di truppe, e di munizioni. Si determinò adunque di passare coll’armata in quella città, per assicurarsi di questa chiave d’Italia.
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