S’imbarcò quindi sopra la flotta la sera de’ 16 di luglio; conducendo seco un maestro razionale, un giudice della gran corte, e il protonotaro del regno. La mattina de’ 17 partì la flotta, arrivò a Messina a’ 22 dello stesso mese, e vi sbarcò presso alla città le truppe, che avea seco menate. Grande fu ivi il bisbiglio allo arrivo dell’armata spagnuola; e i Savojardi, temendo una sollevazione, consegnarono a quei cittadini le chiavi delle porte di essa, e si ritirarono in parte nel palagio reale a Terranova, in parte nella Cittadella, e in parte ne’ castelli del Salvadore, di Mattagrifone, del Castellaccio, e di Gonzaga. La città restata libera dal giogo savojardo scelse subito quattro cavalieri, e li spedì come suoi ambasciadori al campo spagnuolo, per rallegrarsi col marchese del prospero arrivo, da cui furono cortesemente accolti.
Intanto che lo esercito spagnuolo si disponeva allo assedio delle varie fortezze di Messina, giunsero dalla Sardegna in Palermo ai 28 di luglio cento sei barche cariche di soldati, e di munizioni per unirsi al resto dell’armata; ed avendola trovata partita, veleggiarono per Messina, conducendo otto mila soldati che aveano a bordo. Erano stati spediti prima, cioè ai 24 di luglio, tre mila altri uomini a Termini per assediare quel castello. I progressi delle armi spagnuole furono ben felici. Ai 28 del detto mese il Castellaccio di Messina si rese a discrezione, e dopo tre giorni Mattagrifone. Lo esempio di questi forti fu seguito ai 3 del seguente agosto dal castello di Gonzaga.
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