Tale fu la di lui condotta nel tumulto popolare, che si suscitò in Messina a’ 15 di agosto. Francesco Moncada principe di Lardaria, uno degli eletti vicarî, dimorava in quella città, e vi esercitava la carica di governadore. Immaginò egli, che gl’interessi dell’annona della città ricercassero, che si chiudessero i forni dei particolari, e si accrescesse il prezzo del pane. Il popolo ne mormorava, e gli amici ne lo aveano più volte avvertito: mostrandogli, che non era il tempo di fare delle novità. Egli nondimeno restò fermo nel suo [500] proponimento, e lo eseguì. Nel dì dunque suddetto intorno alle ore 19 si rivoltò la plebe, ed armatasi portò delle fascine alla casa del barone di Corcicero, nella quale abitava il Moncada, volendo bruciarla una collo stesso governatore. Questi ai primi movimenti del popolo si era salvato nella casa vicina di Andrea Minutoli ricevitore della religione di Malta. Entrati i malcontenti nel palagio di Corcicero, nè trovandovi la vittima che voleano sagrificare, diedero sacco a quanto vi trovarono, e soprattutto lacerarono le scritture, ed i libri, che vi trovarono. Per non mostrare però di essere rei di ribellione, avendovi rinvenuto il ritratto di Filippo V, lo appesero ad uno dei balconi, gridando: Viva il re. Veniva per caso in città il marchese di Lede, e passando per la piazza di S. Giovanni, si accorse del tumulto, ed osservò che i rivoltati stavano bruciando la carrozza del principe di Lardaria. Fu avvisato che la folla di essi trovavasi alla casa del Corcicero, che svaligiavano, e stimò di andarvi.
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