Il marchese di Lede, che su’ primi panici timori volea seco tutte le sue truppe, ch’erano nel regno, e perfino avea intimati i baroni del servizio militare, per accrescere il suo campo; quando poi, deposto il terrore, si accorse che ne avea bastanti per resistere al Mercy, rivocò i suoi ordini; anzi scrisse, che i cinquecento uomini di cavalleria, ch’erano partiti da Palermo, se ne ritornassero, come fecero agli 11 dello stesso mese; e che i baroni licenziassero i loro uomini, per applicarli più utilmente alla imminente raccolta (2133).
In Palermo, dove arrivavano questi replicati ordini del vicerè, si stava in qualche [504] angustia, come se il nemico, che stava lontano, fosse alle porte; e furono date delle disposizioni, per prepararsi ad un creduto imminente assedio. La nobiltà, che ritrovavasi alla campagna, si ritirò in città: i consoli delle arti furono destinati alla custodia de’ baluardi: fu fornito di artiglieria il castello del Molo: alla Lanterna furono apposti de’ cannoni; e furono fatte chiudere quelle porte, per le quali potevano gli Alemanni agevolmente entrare. Furono però tosto sospesi questi preparamenti: sentendosi che il campo della guerra era presso Messina. Non così accadde all’isola di Lipari, dove venuto a’ 2 di giugno con alcune compagnie di soldati il conte di Sicchendorf, dopo qualche resistenza della guarnigione, vi piantò lo stendardo imperiale, e lasciovvi un conveniente presidio (2134).
Erasi portato assai vantaggiosamente a Francavilla il marchese di Lede.
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