Questo rigore non era al gusto della nazione, la quale bramava che presto ne partisse (2174).
Arrivò il duca di Monteleone in Palermo la notte de’ 5 di giugno, e nel dì 6 smontò al solito alla Garita, dove dopo di avere ricevuti i complimenti dalla nobiltà, dal ministero, e dal senato, montato sulla carrozza di questo magistrato, entrò in città, e andò a dirittura al regio palagio. Il conte di Mercy colle sue truppe rese più pomposa, e più magnifica questa entrata. In capo a quattro giorni arrivò da Napoli la viceregina, condotta dalle galee napolitane. Ne’ primi giorni del suo arrivo si occupò questo vicerè a ricevere i complimenti della nobiltà, e de’ magistrati, e de’ capi ecclesiastici. Ma di poi si applicò al governo del regno, e giusta le istruzioni, che ricevute avea dalla corte, annullò prima di ogni altra cosa tutte le elezioni fatte dal vicerè marchese di Lede dopo i 17 di febbrajo, quando Filippo V. avea già cessa a Cesare la Sicilia. Questa peraltro giusta, e ragionevole disposizione crucciò molti, ch’erano stati promossi alle prelazie, e alle magistrature, che si videro spogliati delle loro cariche, alle quali furono promossi nuovi soggetti; sebbene certuni, ch’erano abbastanza noti per la loro virtù, furono confermati negl’impieghi. Fu più dura l’altra risoluzione promulgata in un bando, per cui era dichiarato, che tutti gli uffizî regî venduti dopo la morte di Carlo II fossero riputati come invalidamente comprati (2175). Nello spazio di venti anni, quanti n’erano scaduti dalla morte di quel sovrano fino allo arrivo degl’imperiali, erano stati creduti legittimi sovrani, così Filippo V, che Vittorio Amedeo, stante il testamento di quel re Cattolico Carlo II, ed il trattato di Utrech: e perciò coloro, che aveano comprati i regî uffizî, li aveano ricevuti da mano legittima; nè parea che se ne potessero spogliare senza ingiustizia.
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