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      In verità le cose non erano a quel grado, in cui si trovavano sotto il regno di Vittorio Amedeo. Lo stesso Clemente XI, mentre nel nostro regno ardeva il fuoco della guerra, avea ordinato a’ 13 di agosto 1719 che si levasse lo interdetto a Catania, e a’ 24 dello stesso mese avea stabilito lo stesso per la diocesi di Girgenti: e inoltre erano ritornati quasi tutti gli esuli. Nondimeno si stava nell’una, e nell’altra corte in una certa inazione, anche dopo che fu eletto il cardinal Conti al supremo pontificato. In Roma non era riconosciuta la monarchia di Sicilia, che si reputava come già abolita da Clemente; e nel nostro regno persisteva questo tribunale, e continuava nello esercizio di sua giurisdizione. Quando l’augusto Carlo prese possesso della Sicilia, e dopo che venne in Palermo il duca di Monteleone, Mr. Giacomo Longo, ch’era stato eletto da Vittorio Amedeo giudice della monarchia, depose, o di sua volontà, o perchè vi fu costretto, questa carica. Fu in di lui vece eletto Mr. Giuseppe Rifos, che seguitò ad esercitarla, niente badando a quanto si pensava nel Vaticano. È certo che Innocenzo era atto per la sua dolcezza a comporre queste differenze; ma gli spinosi affari, nei quali si trovò, e la breve sua vita non gli diedero l’agio di mettere fine alle contese.
      Era la Sicilia inondata di moneta napolitana, per il vantaggioso prezzo che le avea dato il conte di Mercy col bando, che promulgato avea l’anno antecedente ai 20 di maggio. Siccome questo prezzo non corrispondea allo intrinseco valore della medesima, perciò le merci si vendevano più care, a danno del pubblico, che ne mormorava.


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Storia cronologica dei vicerè luogotenenti e presidenti del Regno di Sicilia
di Giovanni Evangelista Di Biasi
Stamp. Oretea
1842 pagine 1481

   



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