Il vicerè duca di Monteleone, volendo riparare a questo disordine, promulgò un bando, con cui discalando lo stimo apposto dal generale tedesco, ridusse la moneta a quel che valea. Questa provvidenza, comunque avesse recato notabile danno a chi ne possedeva, fu nondimeno utile al tutto, nè vi fu persona che non ubbidisse (2182).
Non era il regno molto contento di questo governante; era egli malsano, e vecchio, nè potea occuparsi a cercarne la felicità: e quel che più dispiacea, lasciava operare dispoticamente a Monsignor Rifos, giudice della monarchia, nelle di cui mani avea abbandonate le redini del governo. Ma se egli era neghittoso nell’amministrazione del regno, non era però tale in tutto ciò che riguardava l’etichette, che volea osservate con gran rigore. Non permettea egli che alcuno sedesse alla sua presenza, anche nelle sue camere private. Ebbe a provare i di lui risentimenti il senato di Palermo nel presente anno. Dovea questo magistrato per le feste di natale, come era costume, portarsi al regio palagio, per augurare al vicerè felici quei giorni; e perciò mandò il suo ambasciadore per sapere l’ora, in cui S.E. era comoda di riceverlo. Fu risposto, [517] che il vicerè trovavasi infermo a letto, e che il senato potea andare, quando gli fosse a grado. Sapeano i senatori, ch’ei non avrebbe accordato che si sedessero; e perciò fecero sentire al medesimo, che quando non permettesse che il magistrato sedesse, giacchè egli trovavasi a letto, il senato non era in grado per allora di visitarlo.
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